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L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente e onere della prova. Un confronto di due recenti ordinanze della Suprema Corte da parte dell’Avv. Carola Promontorio.
Il dovere dei genitori di provvedere al mantenimento dei figli minorenni non ha mai destato alcun dubbio di sorta, mentre per quanto attiene ai figli maggiorenni, soprattutto nelle coppie separate e/o divorziate, sorgono maggior problemi.
L’art 337 septies c.c. dispone che il giudice, valutate le circostanze può disporre un assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, non economicamente autosufficiente.
Sul punto una recente ordinanza della Suprema Corte. 17183/2020 del 14.98.2020 ha sancito un importante principio in tema di mantenimento del figlio maggiorenne, che a parere di chi scrive, rappresenta una tappa fondamentale.
In particolare, i giudici di legittimità in primo luogo riassumono le evenienze che comportano il sorgere del diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne non autosufficiente:
a) la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali;
b) la prosecuzione degli studi ultra-liceali con diligenza, da cui si desuma l’esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni e attitudini, che sia ancora legittimamente in corso di svolgimento;
c) l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi svolti dal figlio nell’ambito che quest’ultimo abbia reputato idoneo;
d) la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l’effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, sia o no confacente alla propri specifica preparazione professionale.
Fatto tale excursus, la Suprema Corte ha affermato, poi, che l’onere della prova grava a carico del richiedente l’assegno di mantenimento, quindi, è a carico del figlio, il quale sarebbe tenuto non solo provare la mancanza di indipendenza economica, ma di avere curato con ogni possibile impegno la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Con riferimento alla prova presuntiva, la Corte ha sottolineato come, in generale, la prova sarà tanto più lieve per il figlio, quanto più prossima sia la sua età a quella di un recente maggiorenne; di converso, la prova del diritto all’assegno di mantenimento sarà più gravosa man mano che l’età del figlio aumenti, sino a configurare “il figlio adulto”, in ragione del principio di auto-responsabilità, con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate e all’impegno profuso nella ricerca di una sufficiente qualificazione professionale e di una collocazione lavorativa.
Nel caso oggetto della pronuncia, è stato confermato il provvedimento emesso dalla Corte d’appello fiorentina, che aveva revocato il diritto all’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa familiare disposti in favore di un figlio di 33 anni.
In conclusione, secondo detta pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, il diritto al mantenimento del figlio deve trovare un limite temporale, che potrà essere desunto tanto dall’età raggiunta quanto dall’essere trascorso un ragionevole lasso di tempo dalla conclusione degli studi, senza che il giovane si sia proficuamente attivato per reperire un’occupazione.
Spetterà quindi al figlio, richiedente il mantenimento, dopo il raggiungimento della maggiore età, provare il mancato raggiungimento dell’ indipendenza economica e di aver provato con ogni possibile mezzo e con impegno a ricercare un’attività lavorativa.
Mentre di senso inverso è un’altra ordinanza recentissima n. 21752 depositata lo scorso 9 ottobre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, che ha respinto la domanda di un padre che chiedeva la cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne.
In particolare, il padre ha fatto ricorso alla Suprema Corte chiedendo di porre fine al suo obbligo di mantenimento del figlio oramai ventisettenne.
Tuttavia, la Corte ha rilevato che il padre aveva semplicemente dedotto l’età del ragazzo e non aveva, invece, dimostrato la colpevole inerzia del figlio maggiorenne nel divenire autosufficiente.
L’ordinanza in commento ha evidenziato che “l‘obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, secondo le regole degli artt. 147 e 148 c.c., non cessa “ipso facto”, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un allettamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso”.
I Giudici con la predetta ordinanza hanno rilevato la mancata prova da parte del genitore della colpevole inerzia del figlio maggiorenne nel divenire autosufficiente. Tale orientamento ribadisce altri precedenti della Suprema Corte secondo cui la cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbai riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell’avente diritto.
Alla luce di tutto quanto fin qui rilevato in merito a quest’ultimo orientamento della Suprema Corte è possibile affermare che secondo la Cassazione l’onere della prova resta in capo al genitore che vuole interrompere il proprio obbligo di versare il mantenimento in quanto l’obbligo del genitore di versare il mantenimento del figlio non cessa con il semplice raggiungimento della maggiore età, ma fino a quando il figlio non abbia raggiunto l’indipendenza economica.
Si tratta però di una decisione che si scontra con l’altra sentenza citata che invece poneva a carico del figlio maggiorenne l’onere della prova.
Da questa breve analisi si desume che purtroppo in tema di mantenimento dei figli maggiorenni la giurisprudenza di legittimità non ha ancora raggiunto un costante orientamento che possa risolvere in modo definitivo la problematica.
A parere della scrivente si tratta di un argomento che necessità di una linea univoca in quanto la difficoltà dei giovani di rendersi indipendenti ed autonomi rispetto alle famiglie, anche quando non peccano di svogliatezza inerzia, è una questione oltremodo attuale e tangibile che merita di una regolamentazione chiara e definitiva.
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