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CHI SONO I PAZIENTI FRAGILI TUTELATI DAL DECRETO “CURA ITALIA”? CHE TIPO DI TUTELE SONO PREVISTE? E C’È STATA COORDINAZIONE CON GLI ENTI CERTIFICATORI SANITARI?

Sicuramente stiamo vivendo nel pieno del picco, o come si dice ora “plateau” dell’emergenza sanitaria covid-19; molto non ci è ancora chiaro della malattia, però abbiamo capito che c’è una categoria di soggetti fortemente a rischio nel compiere attività ordinarie. Questi sono i così detti pazienti fragili, o pazienti con patologie tali da essere maggiormente esposti ad un rischio di esito infausto della malattia virale in corso, che inserendosi in un quadro clinico già colpito da altre patologie ha maggiore possibilità di causare importanti danni, ed essere anche letale, per tali persone.
Da qui l’esigenza di una maggior tutela, intuita anche dal legislatore dell’emergenza, che nell’art. 26 del DL Cura Italia n. 18/2020 ha previsto la possibilità per i pazienti che sono anche lavoratori e sono considerati “fragili” di poter fruire dell’istituto della malattia.
La norma alla lettera prevede che:
“Art. 26 (Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato)
1.Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, dai lavoratori del settore privato, e’ equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non e’ computabile ai fini del periodo di comporto.
2. Fino al 30 aprile ai lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilita’ con connotazione di gravita’ ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonche’ ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorita’ sanitarie, e’ equiparato al ricovero ospedaliero di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9.
3. Per i periodi di cui al comma 1, il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6.
4. Sono considerati validi i certificati di malattia trasmessi, prima dell’entrata in vigore della presente disposizione, anche in assenza del provvedimento di cui al comma 3 da parte dell’operatore di sanita’ pubblica.
….omissis…
6.Qualora il lavoratore si trovi in malattia accertata da COVID-19, il certificato e’ redatto dal medico curante nelle consuete modalita’ telematiche, senza necessita’ di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanita’ pubblica.
omissis…”
Chi quindi è il famoso “paziente fragile”?
Oltre al soggetto positivo al covid-19 e al paziente in quarantena per sospetto covid-19 senza tampone svolto, il quale viene sottoposto a provvedimento di malattia escluso dal comporto, la norma prevede che vi siano altri soggetti che possono richiedere la malattia per evitare che la prestazione di lavoro sia per loro – già soggetti esposti al rischio di ammalarsi – addirittura una grave occasione di contagio.
Questi sono:
– disabili gravi;
– immunodepressi;
– pazienti oncologici;
Chi accerta lo stato di malattia e di paziente fragile?
La norma sembrerebbe autorizzare a tale accertamento il medico curante, con apposito certificato che indica nella causale appunto la circostanze meritevole di tutela. La circostanza comporta il riconoscimento di un periodo di malattia fino al 30 aprile 2020, salvo successive proroghe, malattia considerata alla stregua del “ricovero ospedaliero”, ciò per dire che è esclusa da comporto.
Quali le criticità del decreto?
Da più pazienti e associazioni appare che la norma, ovviamente nelle more dell’urgenza, seppure dotata di una ratio chiara, fatica a inserirsi nella pratica e nella registrazione dei certificati medici on line. questo perché i curanti spesso non sono in grado di accertare determinate patologie, perché occorrerebbe a quanto pare un certificato medico di malattia dotato di specifico codice, ma differente da quello connesso all’ordinaria patologia. nono esiste allo stato un elenco completo delle patologie, atteso il richiamo a norma di carattere specifico (cfr. l. 104/1992), ma che lascia spazio a eventuali altre situazioni da valutarsi.
La valutazione di cui alla norma ordinaria si fa in periodo e circostanze di “tranquillità sociale”, mentre questo decreto si impone ed entra a gamba tesa in una situazione già molto urgente, in cui non sono state fatte ed elaborate procedure di valutazione delle patologie rientranti nel beneficio.
Ne consegue che c’è una necessità di interpretazione autentica circa gli “organi medico legali” competenti a rilasciare certificazioni, nonché della definizione piena di “fragilità”, sensibile anche a parere di chi scrive anche alle patologie autoimmuni gravi, alle patologie oncologiche superate ma ancora in follow up, alle svariate forme di patologie croniche associate ad un maggior rischio letalità (ipertensione grave, diabete, insufficienza respiratoria, ipertensione polmonare es. sclerodermie e lupus, ma anche patologie respiratorie come asma severo ecc…): tutte patologie riconducibili alla immunodepressione.
Cosa fare allora se non viene accertata la “fragilità”?
In assenza di un’ulteriore interpretazione di dettaglio del legislatore, consiglierei di procedere comunque a tutela della salute, alla richiesta di malattia al curante e, in assenza di certificato dotato di validità ai fini covid-19, richiedere in seguito – se ci fosse la opportunità – un accertamento del diritto sulla base della norma. Accertamento/chiarimento che può richiedere direttamente l’inps formulandole apposito quesito ovvero svolgere ulteriori valutazioni.
Esiste un danno?
Il danno derivante attiene chiaramente al danno alla salute e alla mancata esclusione del comporto nell’eventuale licenziamento determinante, si tratta perciò di un danno che concretamente si deve realizzare per poterne richiedere il risarcimento all’inps/la rideterminazione o l’autotutela o l’accertamento al giudice competente.
Si tratta comunque di una situazione residuale atteso che il Governo ha previsto svariate forme di tutela del lavoro come la cassa integrazione, ordinaria, straordinaria, in deroga, gli assegni al lavoro, il bonus da 600 euro, il congedo per figli.
Tanto premesso si invita in caso di domande o dubbi o chiarimenti a contattare direttamente lo Studio Legale presso il centralino telefonico o alla mail contenuta sul sito.
Cordialmente,
avv. Rossella Vitali avv. Sara Sindaco

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